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Roberto Tulli: Il sorriso del torchio

Quando ho conosciuto Roberto erano gli inizi degli anni '90 e stavo registrando 5 brani da Francesco Bruno a Lavinio.

Ero arrivato da quelle parti dopo essere stato in Francia, dove una piccola etichetta aveva prodotto il primo minicd, cercavo un posto per continuare il lavoro iniziato a Lione e Zanghieri mi propose lo studio, di uno dei migliori jazzisti moderni italiani che aveva avuto un passato prestigioso con Teresa De Sio, Bennato e il mitico Brian Eno.

A quei tempi ero uno sbandato irrequieto; suonavo con diversi musicisti ma, non avevo ancora una vera band. Ero giovane e il salto verso il professionismo musicale ancora non mi era chiaro. Nelle sessioni di registrazione da Bruno conobbi prima Walter Detond e subito dopo Roberto. Era estate, e la prima cosa che mi colpì quando lo vidi, fu quel suo sorriso stampato su una faccia da mister Bean. Mi tese la mano e in quel momento da sbandato, sempre a caccia di una stabilità musicale, mi sentii a casa. Non è semplice da spiegare, ma con certe persone si stabilisce subito un meccanismo d'intesa che non ha bisogno di troppe parole. Basta uno sguardo, un battito di ciglia, un cenno e si riesce ad andare subito nella stessa direzione. Con Roberto fu subito così. Prima scoprii il musicista fenomenale; con una precisione incredibile associata ad una naturalezza ed un talento fantastici. Guardando lui capivo che, per quanto uno potesse studiare, il talento non si impara; o scorre nelle vene o allora pace.

In Roberto scorreva eccome se scorreva.

Lui e Walter mi fecero conoscere Stefano Ciotola, e insieme formammo la mia prima vera e stabile band.

Carlo Delicati, il nostro produttore, diceva che eravamo fortissimi ma io sapevo bene che il frutto di quello che mi stava accadendo era dovuto a quei musicisti meravigliosi con i quali avevo la fortuna di suonare. Era come un'alchimia. Bastava poco e, ogni volta, si riusciva a trovare la strada migliore. Oltre la musica, scoprii velocemente l'uomo che era oltre lo strumento; un amico fraterno, che giorno dopo giorno diventava sempre più parte dei miei affetti.

I suoi consigli sugli arrangiamenti musicali, la scelta dei pezzi, sia sul primo cd che sui successivi divenne determinante. Ricordo che insegnava basso a più di una scuola di musica ed aveva diversi allievi che seguiva con scrupolo e dedizione. Uno dei suoi studenti, si chiama Simone, lo venne a sostituire un breve periodo, quando Roby venne chiamato a registrare con l'orchestra di Mediaset.

Simone era bravissimo ed aveva saputo catturare il pensiero che Roberto metteva quando suonava il basso. Il Tulli diceva: “ bisogna stare dentro il pezzo, e capire cosa serve, altrimenti diventa un esercizio di virtuosismo e basta, e quello… uno lo può fare anche da solo, quando si esercita a casa. ” Il maestro sapeva trasmettere e questo è un bene prezioso.

Decisi che chiamare la band solo con il mio nome era troppo e allora proposi: Stefano Pavan & la banda del Torchio . Non so come ma, in breve Roberto divenne subito il Torchio, come Alessandro Valle il bandito, Walter il Cesira e Ciotola il Doc. Con il passare del tempo oltre che per noi della band, il Torchio fu l'identificativo di Roberto anche per il pubblico più affezionato. Fu lui, in particolar modo, a convincermi ad inviare la richiesta di partecipazione al Music Show di Rimini; andammo su tutti insieme e suonammo davanti le telecamere della Rai. In quell'occasione presi il premio della critica per “occhio al padre” . E fu sempre Roberto a darmi la fiducia nello scrivere un tema musicale per un cortometraggio che poi diventarono tre. Nel gruppo, nel corso degli anni, si avvicendarono diversi musicisti e collaboratori, ma ormai le mie scelte passavano tutte per i suoi consigli; non era mai fuori posto, mai una parola eccessiva senza equilibrio, la sua capacità umana riusciva a trasparire oltre i gesti e le parole. La gente se ne accorgeva e per questo, Roberto era stimato e amato da tutti. Un giorno mi disse: “prendi i concerti quando ti pare, se capita che devo fare i turni al lavoro, mi prenderò un giorno di ferie.Capito Disgraziato!!! Mi piace troppo suonare con te, siamo fratelli dentro la stessa band.” Quelle parole ancora oggi, al solo ricordo, mi emozionano. Sono stato fortunato.

Ho suonato con il più grande musicista che la vita mi ha fatto incontrare. Ma oggi, quando penso a Roberto, non ricordo solo la musica, le registrazioni o i concerti, questo, per quanto grande possa essere stato, è il minimo, quello che sento di più, nel più profondo del mio cuore, sono la sua intensa umanità e quel sereno altruismo che è andato ben oltre le note.

Quest'uomo mi ha insegnato il bene comune attraverso un sorriso sincero e gioioso.

Grazie e buon viaggio frate', suonerai sempre con noi.

Stefano Pavan


"Jackroad" di Stefano Pavan